Vietati stipendi e buste paga in contanti da questa estate, precisamente da Luglio. Una decisione che fa parte delle regole per la stretta sull’uso del contante che saranno sempre più rigide così come i controlli.

Mai più retribuzioni in denaro contante degli stipendi dei lavoratori. Il 2018 è un anno di svolta nel rapporto tra datori e dipendenti con l’obiettivo dichiarato di stroncare forme di sfruttamento (versamento di una cifra inferiore rispetto a quella indicata in busta paga) e il lavoro in nero. Il comma 911 parla chiaro: queste regole sono valide per qualunque tipologia di rapporto di lavoro instaurato. E, dettaglio di primo piano, qualunque sia l’importo da corrispondere. Ma non mancano alcuni dubbi: vale anche per i rimborsi spese per le trasferte e gli anticipi di spese per conto del datore di lavoro? Si tratta infatti di cifre che non rientrano nei conteggi fiscali e previdenziali.

Divieti di pagare in contanti: da quando

Non ci sono più deroghe o proroghe della situazione attuale. La legge di Bilancio approvata fissa un cronoprogramma ben preciso tra tempistiche e modalità di attuazione delle norme. Di fatto sono concessi sei mesi di tempi per prendere confidenza con questa novità. Come dire, sarà impossibile sbagliare o fare finta di non sapere. E non ci sono differenze tra piccole e grandi imprese poiché le regole valgono per tutti, sia nei confronti dei lavoratori dipendenti e sia per quelli autonomi ovvero i collaboratori della società. La regola del divieto di pagamento di stipendi e contanti vale per tutti. Più precisamente, dal primo luglio 2018 i datori di lavoro possono corrispondere ai lavoratori la retribuzione o un anticipo attraverso una banca o un ufficio postale solo con uno de seguenti quattro modi:

  1. bonifico sul conto del lavoratore;
  2. strumenti di pagamento elettronico;
  3. pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
  4. un assegno consegnato al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.

Ci sono comunque delle eccezione a questo impianto normativo. Sono infatti fuori dall’obbligo del pagamento dello stipendio in contanti i rapporti di lavoro con la pubblica amministrazione e i contratti per gli addetti ai servizi familiari.

La figura del delegato e altri divieti

E qui entra appunto in gioco la figura del delegato, al quale la legge di Bilancio assegna un ruolo decisivo ovvero quello del sostituto del diretto interessato. Anche in questo caso ci sono alcune condizioni ben precise ovvero paletti dai quali non si può prescindere. In buona sostanza, il lavoratore a cui è destinata la retribuzione può incaricare una terza persona ma a due condizione. La prima è l’esistenza di un impedimento concreto ovvero comprovato seconda la definizione adottata in sede di legge di Bilancio.

In seconda battuta, la figura che può sostituire il diretto interessato e fare da delegato per ricevere il pagamento sono il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, con almeno 16 anni di età. I figli, in pratica, possono prendere il posto del padre o della madre solo se maggiorenni o se nella fascia anagrafica tra 16 anni compiuti e 18 anni. La norma si affianca al divieto di uso del contante ovvero al limite del trasferimento per importi pari o superiori a 3.000 euro.

Regole in generale sui contanti

La gestione dei contanti è uno dei temi in generale più delicati sia per cittadini che per le imprese e vi sono sia delle regole nuove aggiornate che si sono combinate insieme alle precedenti e altre che dovrebbero o potrebbero arrivare a breve in parte anche a sostituire alcune delle vecchie.

La regola di base è che l’utilizzo del contante è permesso per pagamenti inferiori, anche di un solo centesimo, al tetto di 3.000 euro. Il nostro Paese si è perciò messo alla parti con gli altri Stati continentali, ma nuovi aggiustamenti in collaborazione con l’Agenzia delle entrate sono all’orizzonte e potrebbero trovare spazio nella prossima manovra, ora allo studio. Si tratta di possibili nuovi limiti proprio perché la decisione di triplicare l’importo della precedente soglia non ha trovato riscontro unanime. Alla base delle disposizioni rinnovate c’è il contrasto al riciclaggio di capitali di provenienza illecita e all’evasione fiscale.

I pagamenti in contante sono allora ammessi fino al limite di 2.999,99 euro. E non serve fare i furbi. Il trasferimento è infatti vietato anche quando è effettuato con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiano, così come vengono definiti, artificiosamente frazionati. Significa che viene attuata un’operazione unitaria di valore pari o superiore ai limiti stabiliti attraverso più operazioni singolarmente inferiori al limite previsto, così da aggirare l’ostacolo. Ma ci sono anche due eccezioni: il frazionamento è possibile se è connaturato all’operazione stessa e se è la conseguenza di un precedente accordo tra le parti. Le disposizioni principali in merito all’utilizzo del contante sono allora

  1. la fissazione della soglia di 3.000 euro come limite da non superare
  2. il mantenimento del precedente tetto di 1.000 euro per i pagamenti eseguiti dalla pubblica amministrazione e per i servizi di rimessa di denaro con l’estero
  3. la cancellazione dell’obbligo di pagamento con strumenti tracciabili per i canoni di locazione e nel settore trasporti

Da segnalare che gli assegni emessi per importi pari o superiori a 1.000 euro devono indicare il nome o la ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità.

E nuove iniziative per diminuire i contanti

Un nuovo e più incisivo intervento per spingere l’emersione dal nero dei contanti. Spunta anche una sorta di nuova voluntary sul denaro cash tra le ipotesi allo studio per la prossima manovra. Di certo, il governo intende proseguire sulla strada del contrasto all’evasione, come ha assicurato sia gli esponenti di Palazzo Chigi e sia il direttore dell’Agenzia delle entrate. L’esecutivo vuole andare avanti sulle misure per la lotta ai furbetti del fisco, ma ha anche in mente di far uscire dal nero le operazioni in contanti con una nuova sanatoria.

L’operazione per sanare i propri debiti col fisco senza pagare sanzioni e interessi di mora dovrebbe portare in tutto tra quest’anno e il prossimo oltre 7 miliardi di euro, dei quali circa 5 nel 2017. Un dato che non tiene conto del potenziale extra-gettito e di altre misure che l’esecutivo sta appunto studiando. Tra le ipotesi allo studio ci sarebbe quella di fare pagare un forfait sul contante che si fa emergere, ma la proposta trova perplessità all’interno della stessa maggioranza.

Ai fini dei controlli del Fisco, rimarranno in vigore le regole su quelle spese che, se maggiori del 20% del proprio reddito dichiarato, potrebbero far scattare controlli e accertamenti. Includono abitazione (mutui, ristrutturazioni, collaboratori domestici, elettrodomestici, telefonia fissa e mobile), mezzi di trasporto (minicar, natanti e imbarcazioni, mezzi in leasing o noleggio), assicurazioni e contributi previdenziali (obbligatori, volontari e complementari), istruzione (anche scuole di specializzazione, master, tutoraggio, corsi di preparazione agli esami e canoni di locazione per studenti universitari). E ancora, attività sportive e ricreative, cura della persona (abbonamenti pay TV, giochi online, cavalli, alberghi, viaggi organizzati e centri benessere), altre spese significative (donazioni in denaro a favore di onlus e simili, veterinarie), investimenti immobiliari e mobiliari netti (fondi d’investimento, certificati di deposito, valuta estera, oro, numismatica). L’onere della prova spetta sempre al contribuente.

Ma gli italiani amano i contanti

Cambiano, potremmo dire quasi che evolvono, le abitudini di pagamenti dei cittadini europei sempre più orientati alla scelta della moneta elettronica: i pagamenti con carte bancomat e carte di credito sono ormai all’ordine del giorno e quasi nessuno usa più contanti, abitudine che nel nostro Paese, stando invece a quanto riportano le ultime notizie, continua ad essere ancora forte.

Le ultime notizie, infatti, confermano che mentre in Svezia, per esempio, solo il 2% delle transazioni avviene ormai in contanti, tanto che l’economia scandinava è stata appellata ‘cashless’ senza contante, secondo uno studio della Federal Reserve Bank of San Francisco condotto su 42 diverse economie, nel nostro Belpaese la situazione è completamente diversa. Stando ai risultati emersi dallo studio, mentre in alcune realtà è letteralmente esploso il tasso di crescita del contante in circolazione, come in Argentina che ha segnato un +769% rispetto al pil, o in Sudan, con un +455%, in quasi tutti i Paesi europei l’uso del contante sembra essere stato sostituito quasi del tutto da bancomat e carte di credito.

E gli italiani risulterebbero ancora i più affezionati ai contanti. Secondo una ricerca della BCE, mediamente nei Paesi dell’Eurozona i cittadini tengono sempre in tasca soldi contanti. Nel 2016 si stimava che la media del denaro in tasca fosse mediamente di 65 euro, passando dai 103 della Germania, ai 102 del Lussemburgo, agli 80 euro della Grecia, ai 69 euro dell’Italia, agli appena 29 euro del Portogallo.

Dalle ultime notizie riportate dall’Abi è, inoltre, emerso chiaramente che:

  1. il totale dei pagamenti, oltre 3 miliardi di ‘strisciate’, è stato effettuato con bancomat e carte di credito, mentre nel 2005 erano state 656 milioni le operazioni;
  2. sono aumentati i pagamenti con bonifici bancari, che hanno registrato un +109%, rappresentando una quota del 43,3% del totale delle operazioni con quasi 2,5 miliardi di operazioni nel 2016;
  3. è diminuito l’uso degli assegni;
  4. gli italiani sono ancora particolarmente legati all’uso del contante che darebbe loro maggiore tranquillità.

Se nel nostro Paese, da una parte infatti, sono aumentate le operazioni bancarie elettroniche, dall’altra, per gli acquisti per piccole somme, gli italiani continuano a preferire le banconote che, stando a quanto emerge dalle ultime e ultimissime notizie, rappresentano una tranquillitàper il popolo del Belpaese. D’altro canto, gli stessi esercizi commerciali italiani a volte hanno problemi ad accettare pagamenti minimi, come quelli per caffè e sigarette, con bancomat e carte di credito.

L’esperimento fatto

Per dimostrare come si possa vivere bene senza avere contanti in tasca ed effettuare ogni operazione necessaria, sabato scorso 25 novembre è partita da Milano la quinta edizione del #NoCashTrip, iniziativa promossa da CashlessWay, in collaborazione con Q8, partner ufficiale dell’iniziativa, con l’obiettivo di dimostrare come è facile spostarsi, fare benzina, prenotare, mangiare, dormire e fare acquisti nei negozi, utilizzando solo carte bancomat o carte di credito. Il viaggio senza alcun contante attraverso l’Italia si terrà fino al prossimo primo dicembre. Q8 ha deciso di sostenere questa iniziativa per dimostrare quanto sia davvero possibile vivere senza contanti in tasca puntando unicamente ad una crescita di virtualizzazione e innovazione che, secondo gli stessi organizzatori dell’esperimento, renderebbe anche molto più semplice la gestione della vita quotidiana, senza preoccuparsi giornalmente o settimanalmente di cercare sportelli bancari per prelevare denaro da tenere in tasca per ogni evenienza o necessità, come si suol fare in Italia.

E cosa si può comprare in contanti e cosa e quando è meglio evitare

Esitono un centinaio di spese che, se maggiori del 20% del proprio reddito dichiarato, insospettiscono il Fisco. Includono abitazione (mutui, ristrutturazioni, collaboratori domestici, elettrodomestici, telefonia fissa e mobile), mezzi di trasporto (minicar, natanti e imbarcazioni, mezzi in leasing o noleggio), assicurazioni e contributi previdenziali (obbligatori, volontari e complementari), istruzione (anche scuole di specializzazione, master, tutoraggio, corsi di preparazione agli esami e canoni di locazione per studenti universitari). E ancora, attività sportive e ricreative, cura della persona (abbonamenti pay TV, giochi online, cavalli, alberghi, viaggi organizzati e centri benessere), altre spese significative (donazioni in denaro a favore di onlus e simili, veterinarie), investimenti immobiliari e mobiliari netti (fondi d’investimento, certificati di deposito, valuta estera, oro, numismatica). Tra le voci di spesa sotto osservazione ci sono

  1. l’istruzione
  2. gli elettrodomestici e gli arredi
  3. gli istituti di bellezza e i centri benessere
  4. il mutuo della casa, bene di lusso per eccellenza
  5. abbonamenti alla pay TV e smartphone
  6. gli alimentari
  7. i trasporti
  8. i combustibili
  9. il tempo libero
  10. le visite mediche e i medicinali
  11. gli animali domestici

Oltre alle spese per

  1. palestre e circoli sportivi
  2. cene e pranzi fuori casa
  3. consumo di energia elettrica, gas e acqua
  4. collaboratrici domestiche
  5. auto di lusso, considerate indice di capacità contributiva, e i relativi bolli
  6. canone di locazione
  7. manutenzione della casa
  8. alberghi e viaggi
  9. gioielleria e bigiotteria
  10. cavalli
  11. polizza rc auto
  12. giochi online
  13. canone di leasing immobiliare
  14. il telepass

L’alternativa è pagare in contanti, sempre nel limite di 3.000 euro? Non proprio perché se al momento del pagamento vengono forniti i dati personali (ad esempio il codice fiscale nel caso della prenotazione di una vacanza) si attiva l’occhio dell’Anagrafe tributaria ovvero del fisco.

FONTE: BUSINESSONLINE

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